Alice incontra Paolo Menon, giornalista, art director e cultore dell’arte. Paolo Menon è l’autore di «Per vino e per segno — Le più belle etichette d’autore vestono il vino italiano» delle Edizioni Centro Diffusione Arte di Milano, il primo volume di un’antologia che raccoglie oltre 200 etichette d’artista appartenenti alla sua ben più ampia e prestigiosa collezione iniziata nel 1980.
Alice: Qual è il vino che ha scelto dalla carta e perché?
Menon: «La scelta è ardua. Ma scelgo il Kastelaz, vendemmia 2001, Gewurztraminer dell’Alto Adige, prodotto da Elena Walch. Perché è un vino che riesce a sedurmi e a sorprendermi per la sua inaspettata solarità e per le sue raffinate provocazioni sensoriali: ha il colore dell’oro, al naso arriva dolce, profumato di fico bianco maturo e di rosa antica. In bocca è ricco, persistentemente avvolgente… come velluto».
Lei ha pubblicato un’antologia che raccoglie le più belle etichette d’artista, che vestono il vino italiano, realizzate dal 1980 al 2000. Questa antologia raccoglie oltre 200 etichette che appartengono alla sua ben più ampia collezione iniziata nel 1980 con un’etichetta di Guttuso realizzata per il Barone di Turolifi. Si tratta di un affascinante e inedito percorso che fonde due mondi inscindibili: quello dell’arte e quello del vino. Come nasce in lei questa passione per il vino nel suo legame con l’espressione artistica?
«La passione per il vino buono è una compagna meravigliosa, indiscretamente discreta, che mi segue sin dall’infanzia. Con gli anni sono riuscito ad accostarla al piacere dell’estetica delle forme vinarie e delle sue rappresentazioni grafiche, fino ad amare le contaminazioni dell’arte dalle sembianze bacchiche. L’etichetta d’arte, perciò, non ha senso se non è incollata alle pareti della bottiglia e non aderisce al contenuto racchiuso nelle pareti vitree. Come un vestito d’alta moda aderisce alle sinuosità di un bellissimo corpo femminile».
Quanto è importante a livello comunicativo il linguaggio dell’etichetta e quanto influisce nella scelta del vino?
«Innanzitutto l’etichetta deve possedere i requisiti indispensabili della chiarezza e della leggibilità. Un’etichetta deve essere quindi veritiera e rivelare tutto ciò che occorre sapere sul vino che si acquista e si beve. Pena — come ammonisce Luigi Veronelli, ed è anche il mio auspicio — la distruzione del prodotto. Sull’influenza poi che un’etichetta esercita nella scelta di un vino, mi occorrerebbe tutto lo spazio di questa intervista e non basterebbe… Ma basta che le risponda: tantissimo!».
Nelle etichette la creatività dell’artista è direttamente ispirata al vino, e l’etichetta costituisce il primo modo per comunicare la seduzione inebriante del vino e la sua capacità di coinvolgere tutti i sensi. Come definirebbe la relazione tra vino, arte e creatività?
«Osmosi. Relazione d’amore. Complicità. Verità… dionisiaca. Di contro, non capisco quelli che etichettano i loro vini con capolavori d’arte del passato — remoto o prossimo che siano — perché vengono a mancare le condizioni indispensabili nel rapporto autentico tra l’artista che ha degustato quel vino e il ritratto che ne fa».
La sua antologia costituisce una sorta di galleria immaginaria attraverso diverse «etichette-opere» di artisti come Sandro Chia, Fernando Botero e Enrico Baj. Quali sono, secondo lei, gli artisti che hanno amato di più Bacco, e perché?
«A giudicare dalla prolificità artistica sul tema bacchico, includendo i maestri che lei cita, direi: Aligi Sassu, Alberto Manfredi, Darko Bevilacqua, Paola de Manincor, Pablo Echaurren, Ugo Nespolo, Tonino Guerra… solo per citarne alcuni. È mia convinzione che il vino non si ami, però, ma si faccia amare. Perché il vino è mitologia, rito, liturgia, poesia, musica, arte. In tutti i sensi».
Qual è il suo rapporto personale con il vino e come diventa fonte d’ispirazione?
«Mi lascio sedurre soltanto da quei vini che mi raccontano, centellinandoli, la loro storia, il territorio da dove provengono, la loro purezza, qualche segreto di cantina… Poi arriva l’ispirazione, inevitabilmente…».
Consigli agli amici di Alice un abbinamento del vino che ha scelto con un piatto…
«Con l’A.A.Gewurtztraminer 2001 di Elena Walch suggerisco un piatto che amo molto: fegato grasso d’oca, semplice, spalmato generosamente su fette di pane rustico croccante, meglio se caldo. Prosit!».
RASSEGNA STAMPA
Da: «I protagonisti di Alice si raccontano — In vino veritas»
©Alice tv (www.alice.tv), 2004
